Antonio Rezza e Flavia Mastrella riprendono in mano microfono e telecamera e ritornano, come ai vecchi tempi di Troppolitani, a condurre interviste a corpo libero. Questa volta lo scenario è diverso, e le contingenze storicamente differenti: dai luoghi affollati di Roma ci si sposta a Milano, nella vivacissima Via Padova, citata più volte dai circuiti mediatici come quel quartiere un po’ Molenbeek e un po’ Brooklyn. Il documentario non si presenta solo come un’inchiesta giornalistica svolta lungo Via Padova, in cui Rezza e Mastrella – percorrendo la strada sul bus 56 – raccontano la vita del quartiere periferico di Milano attraverso testimonianze di migranti e residenti, ma lascia emergere con queste anche i paradossi della realtà attuale, in cui è sempre più difficile concepire una città multietnica e multiculturale. «Milano Via Padova è un lungometraggio che nasce per eccesso di zelo da un’indagine affidataci dalla Fondazione Gaetano Bertini sulla gente che vive la via. Già l’anno prima la Fondazione Bertini ci aveva incaricato di realizzare un documento sul disagio mentale. Questo film parla invece di razzismo e insofferenza e racconta, attraverso il canto, la convivenza forzata e la cultura di chi è straniero.
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